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COSA È SUCCESSO? Storie e voci per capire quello che accade.
di Raffaele Palumbo
UN PODCAST DI CONTRORADIO.
Il Podcast di Controradio “Cosa è successo?” è ascoltabile il sabato alle 13:15, in replica la domenica alle 17:10 sulle frequenze di Controradio (93.6, 98.9, DAB+), in streaming su controradio.it, sulla app CONTRORADIO e su SPOTIFY.
In questa puntata: DONNE E LAVORO (oltre le gambe c’è di più!). Un viaggio nel tempo, dagli anni ’50 all’anno Zero.
Puntata per sabato 09 e domenica 10 marzo 2024
Durata: 23′:48”
OSPITI: Testimonianza ventiquattrenne, Sonia Baccetti, Marina Capponi, Sofia Ciucchi.
Trascrizione automatica dell’episodio:
[Speaker 9]
Cosa è successo? Storie e voci per capire quello che accade.
[Speaker 5]
Io lavoro in un barrettino vicino al centro di Firenze, dove si fa anche da mangiare. Lavoro come cammeriera, quindi al pubblico. Nei lavori al pubblico, come tutti sappiamo, bisogna sempre avere il sorriso e essere cortesi e gentili con i clienti.
Questa regola è problematica nel caso in cui i clienti, come mi accade quasi quotidianamente, hanno degli atteggiamenti vicidi o molesti. Che sia il complimento o l’atteggiamento flirtoso, che però da parte di persone di oltre 50 anni verso di me, che ne ho 24, è quantomeno fuori luogo. Fino ad arrivare a molesti anche fisiche e quindi molto gravi, che mi sono state purtroppo inferte.
Il problema che mi piacerebbe sottolineare è il fatto che spesso quando faccio presente, grazie al fatto anche che la mia titolare è completamente solidale, che questo tipo di atteggiamenti mi fanno stare male, mi arrecano disagio, la risposta classica è ma io ti stavo facendo un complimento. Il problema è che per farmi determinati tipi di complimenti sarebbe necessario che tra di noi ci fosse una certa distanza. La quale non c’è perché siamo sconosciuti e il fatto che tu ti approfitti della mia posizione di cameriera, in quanto non ti posso rispondere più di tanto male, per poter scavallare il mio spazio personale e il mio spazio di confidenza, è sbagliato, mi fa arrabbiare e mi mette a disagio.
Inoltre quando si ha a che fare con le donne bisogna sempre tenere a mente che quando dai noia a una donna non sei il primo ma sei probabilmente il 2400esimo e che quindi i nostri fastidi sono fastidi accumulati, i nostri disagi sono disagi accumulati e i nostri traumi sono traumi accumulati.
[Speaker 4]
Capiamo subito che da questa testimonianza che abbiamo registrato, per questa puntata del podcast di Controradio Cosa è Successo parliamo di donne e lavoro.
[Speaker 6]
Mi scusi se le do le spalle ma io non posso farmi riconoscere altrimenti non mi darebbero più il lavoro i miei padroni. Di questi reggisceni guadagno 100 lire l’uno, loro in negozio li vendono a 1500, per guadagnare 1500-1600 lire al giorno devo fare 8 ore di macchina al giorno. Mi alto alle 6, preparo la bambina, la porto a scuola, poi quando ritorno faccio le faccende e poi mi siedo a macchina, mezzogiorno mi alto su a preparare il mangiare, vado a prendere la bambina a scuola e poi quando ho lavato i piatti torno alla macchina fino a sera.
Queste sono le mie giornate, non ho mai tempo né per uscire né per andare al cinema, l’unico mio svago è guardare la televisione.
[Speaker 4]
No, non c’è bisogno di andare ai tempi del boom economico, basta avvicinarci piano piano anche a questo 2024. Questa è la testimonianza di una dottoressa che racconta di fatti agghiaccianti che le accadevano mentre qualche decennio fa comunque studiava per diventare medico.
[Speaker 3]
Sono Sonia Baccetti, sono una medica da molti anni e la scelta di definirsi medico al femminile, appunto come ho detto medica, è stata fatta da un gruppo di colleghe che si è ritrovato per scrivere un libro sulla menopausa, questo per riaffermare un’identità di genere in una professione che sappiamo bene essere generalmente ritenuta una professione al maschile. Certo i tempi sono un po’ cambiati da quando negli anni 70 ho cominciato l’università, su 120 iscritti non eravamo pochissime ma chi brillava nel senso che si imponeva e aveva un riconoscimento da parte di tutti erano ovviamente gli uomini. Fin dal primo anno si facevano chiamare dottori, noi eravamo soltanto signorine per tutto il resto del corso di laurea e solo alla fine ottenevamo quel benedetto titolo di dottoresse ma tutti ci domandavano, sì ma siete dottoresse per i bambini vero?
Un’altra professione chiaramente non era per noi accettata. Penso con qualche sorriso ma soprattutto con tristezza all’esercitazione di anatomia. Nei tempi in cui il cadavere era un povero generalmente proveniente dal sud america e non raramente i compagni di corso per salutarci scherzavano dandoci una pacca sulla schiena.
Peccato che avevano magari prima intriso la mano nel sangue del disperato, ovviamente avevano i guanti ma a noi faceva assai impressione o anche in qualche caso veramente detestavamo questi movimenti di schifezze. Oppure se mostravamo una disapprovazione o il disgusto qualche volta venivamo anche compensate con dei regalini che venivano nascosti nelle tasche dei nostri camici e questi regalini erano per esempio un pezzetto di muscolo o di cute e ancora qualche volta anche i famosi gioielli di quel disperato che dovevamo dissezionare. Come medico del lavoro poi non è andata decisamente meglio, io e Gabriella che era un tecnico della prevenzione eravamo responsabili del progetto prevenzione degli infortuni nel settore edilizia e i datori di lavoro ma anche i lavoratori edili non sopportavano assolutamente che due donne salissero sul ponteggio per contestare loro la mancanza di protezione per i lavoratori.
E quindi le scenette insomma sono state davvero numerose se di scenette si può parlare. Ora la professione di medico è cambiata molte più donne si laureano in medicina ormai siamo più degli uomini medico ma il clima non è molto cambiato. Chi è al potere chi si occupa di posizioni apicali sono tuttora gli uomini anche se ormai è riconosciuto che la leadership delle donne in sanità è sicuramente migliore.
Le donne sono più attente alle relazioni, le donne sono più attente al raggiungimento dei risultati, le donne sono più attente al rapporto umano da sviluppare con i pazienti.
[Speaker 10]
Silvia su questo divano c’è una gara di davanzare che tu dovresti solo scontare i miei ragazzi.
[Speaker 8]
Lascia perdere perché io ho chiesto alla stanza se aveva qualcosa per rinforzare ma non c’è, non c’è niente, non c’è la materia. Parliamo d’altro ragazzi ok comunque vi guardo e sono felicissima per voi.
[Speaker 4]
Di che cosa parliamo in questo nostro viaggio su donne lavoro tra passato e presente? Parliamo di molestie sul lavoro. Nel 2023 sono aumentati dell’81% i casi di donne che hanno subito contatti fisici indesiderati in ufficio.
La ricerca della Fondazione Libellula registra un aumento esponenziale rispetto al 2022 del fenomeno. Cresce anche la penalizzazione delle madri lavoratrici, cambiano per cui retrovivere nel modo di vestire, di muoversi, di interagire. Subiscono comunque allusioni, battute, esclusioni e ricatti.
Facciamo un esempio, andiamo nel mondo delle professioni giuridiche con l’avvocata Marina Capponi.
[Speaker 1]
Il mondo anche degli operatori della giustizia risente di questa visione stereotipata e appunto cucita addosso ad un modello maschile di magistrato e di avvocato e quindi poco inclusivo nei confronti delle donne. Non solo riguardo ai temi della maternità in senso stretto, in senso biologico, quindi l’allattamento come legittimo impedimento alla partecipazione ad un processo che è stata una conquista molto recente. Ci sono volute delle sentenze perché venisse riconosciuto a livello codicistico.
Ci sono tanti altri aspetti legati soprattutto agli stereotipi, al fatto che per esempio in determinati ruoli si ha sempre visto meglio un professionista maschio piuttosto che una donna. Basta vedere nelle nomine delle difese, nelle curatele fallimentari, è molto raro nominare una collega più che un uomo per un’attività lavorativa prestigiosa, importante dal punto di vista professionale. Poi un’altra riflessione che mi viene in mente e che parte dall’esame anche di dati recenti che sono stati resi pubblici, è il tema abusato anche dal punto di vista del linguaggio, della conciliazione vita-lavoro, ma che è l’ostacolo più grosso per un accesso caritario delle donne in tutti gli ambiti del mondo del lavoro.
Questo è sempre quello che una donna per quanto preparatissima nel momento in cui ha impegni familiari non è più all’altezza di seguire i ritmi e i tempi che sono spesso veramente disumani delle aziende e delle pubbliche amministrazioni.
[Speaker 7]
Lavoro alla Pirelli, mi alzo alle 4 e mezza e prendo il tram alle 5 e arrivo alle 6 in fabbrica. Mi occorrono due mezzi, esco alle 2, arrivo a casa alle 3 e mezza. E sono proprio stanca.
E all’epoca era a casa da mettere a posto. È proprio scoraggiante arrivare stanca e vedere che c’era a casa da fare.
[Speaker 4]
Stiamo dunque parlando, senza sottovalutare i cambiamenti che ci sono stati negli ultimi anni, di un mondo del lavoro fatto e pensato per gli uomini. Pensare ad esempio di allattare per una avvocata durante un’udienza e vedere che l’udienza si ferma come fatto normale è stata una conquista estremamente lunga, difficile e faticosa, come sentivamo qualche minuto fa da Marina Capponi. Abbiamo anche l’opinione di Sofia Ciucchi, imprenditrice con un passato importante nel settore della moda e socia di Equal.
Questa è la sua testimonianza.
[Speaker 2]
Il tema delle donne al lavoro è un tema globalmente importante. In Italia abbiamo una serie di specificità che vanno dalla poca partecipazione delle donne al mondo del lavoro. Credo che colpisca il fatto che circa il 50% delle donne in Italia non fa un lavoro retribuito, perché poi in realtà si parla anche di lavori che sono quelli di cura, che svolgono le donne che non sono retribuiti, però quello che è il lavoro retribuito coinvolge una donna su due.
Il grande elemento di disparità parte dal fatto che circa metà delle donne non partecipano al mondo del lavoro retribuito. Dopodiché nonostante una scolarizzazione molto buona, che anche negli anni si è evoluta in termini molto positivi, le donne continuano, anche quando lavorano, ad essere sicuramente meno premiate, meno pagate rispetto ai loro colleghi uomini. Le disuguaglianze crescono intanto con il crescere dell’età della donna, crescono con le maternità, quindi c’è già un gap di paga al momento dell’assunzione, questo è statistico, anche a parità di lavori, quindi non è vero che una donna ingegnera guadagna come un uomo ingegnere, guadagna anche lei meno del suo collega, ma che poi questa disparità va ampliandosi con la crescita dell’età, con la crescita di famiglia che penalizza in maniera forte le donne. Quindi donne che hanno avuto una o più maternità hanno un divario retributivo in media più ampio e questa disuguaglianza se la portano dietro fino alla pensione, quindi alla fine opzione donna è un finto aiuto, il fatto di riuscire ad andare in pensione prima penalizza economicamente ancora di più le donne che già arrivano con contributi più bassi, che magari sono spinte a uscire dal mondo del lavoro prima per prendersi cura di nipoti, genitori o quant’altro e che quindi sono già le povere dei poveri, sicuramente le pensionate sono più povere mediamente dei pensionati.
[Speaker 4]
Ecco, mentre voi scegliete vi ricordiamo che la storia peggiora, parliamo di madri, lì dove c’è il gender pay gap che sperimentano anche la child penalty, tradotto in lingua italiana dove le donne vengono pagate meno lì dove hanno anche dei figli. Ancora meno soldi, ancora meno occasioni, meno crescita, sono oltre 11 mila, ma la buona notizia è che il gender gap, ovvero la differenza salariale tra uomini e donne nel sistema privato che ha raggiunto quasi gli 8 mila euro nel nostro paese, sebbene secondo il Global Gender Gap Report del 2023 del World Economic Forum la parità in busta paga tra uomini e donne è prevista per il 2154. Sentiamo ancora Marina Capponi.
[Speaker 1]
Il dato che mi faceva molto riflettere è quello delle dimissioni per maternità che vengono ad essere efficaci solo con la convalida davanti all’ispettorato del lavoro, è un meccanismo che è stato pensato proprio per evitare la ricattabilità di donne e uomini anche che abbiano impegni familiari, è stato un aumento vertiginoso delle neomamme che lasciano il posto di lavoro nel periodo protetto, quindi anche a prescindere dal fatto che dimissioni o comunque un licenziamento non sarebbero consentite se non a determinate condizioni, quindi c’è una stabilità del posto. Eppure sono aumentate le dimissioni convalidate del 26%, che è una percentuale enorme, sono più di 60 mila convalide in periodo protetto nell’anno scorso che l’ispettorato del lavoro questo dato l’ha reso noto.
Il dato toscano è tra i valori più alti, c’è addirittura più del 26%, quindi l’80% tra l’altro sono donne, ci sono alcuni uomini che si dimettono, ma si dimettono più per cambiare l’azienda, per cambiare lavoro, mentre per le donne dall’intervista che gli ispettori fanno alle dimissionarie per capire il perché, la risposta è non si dimettono, non ce la facciamo perché i tempi lavorativi sono assolutamente inconciliabili, il nido è costoso, non ci sono parenti di supporto, i servizi sono complessivamente inaccessibili con l’attuale livello delle retribuzioni. In Toscana tra l’altro c’è stato questo dato estremamente positivo della possibilità di accedere ai nidi gratuitamente per determinate facce di reddito e questa è stata sicuramente una stessa politica veramente molto importante, però non basta evidentemente il tema è sui tempi, sulla organizzazione del lavoro che è totalmente inaccessibile alla conciliazione con gli impegni familiari, tra l’altro ci sono alcune aziende che invece investono sulla possibilità di far rientrare anche abbastanza velocemente le donne dopo il congedo, e questo è risultato il meccanismo più efficace perché le donne non abbandonino il lavoro, quindi la situazione è sempre molto grave, molto seria, non intravediamo ancora delle politiche né a livello politico, né a livello nazionale, né a livello regionale che siano così organiche e sistematiche che tengano conto di questo fenomeno.
[Speaker 4]
Abbiamo sottoposto la sesta questione, quella del gender gap, a Sofia Ciucchi.
[Speaker 2]
Credo che sia un fenomeno complesso, c’è lavoro per psicologi, sociologi e chiaramente anche politici e amministratori, quindi da un lato un certo tipo di mercato del lavoro tende a premiare determinati percorsi, determinati comportamenti che sono normalmente più riscontrabili in ambito maschile, diciamo che non basta il dettato costituzionale per stabilire che poi non si determinano delle discriminazioni sul luogo di lavoro, perché la tutela della maternità che appare per quanto riguarda la nostra normativa una delle più avanzate, poi nella sostanza invece è super manchevole, perché comunque il welfare per chi decide di avere figli non c’è, la cultura prevalente vede il problema dei figli come un problema delle mamme e quindi se tu non hai un voucher babysitter, una possibilità seria di iscrivere il tuo figlio all’azionido indipendentemente anche dal tuo reddito o dal tipo di lavoro che fai, sei tutelatissima nel senso che puoi startene a casa finché credi, ma questa tutela ti si ritorce contro perché per il fatto che te ne stai a casa quando torni al lavoro come dire sei minimo hai perso un giro, magari lo perdi ancora per anni, quindi non si parla di aumenti detributivi, non si parla di crescita di carriera, quindi io questo lo dico, forse non piace a tutte le donne o le persone che si interessano di questioni femministe, ma io penso che paradossalmente dovrebbe essere quasi meno tutelata in un certo senso la maternità femminile a favore invece di un congedo parentale obbligatorio, paritetico dopo la nascita di un figlio, in modo da mettere i padri anche nella condizione di fare il padre, quindi anche la loro condizione di paternità, ma anche lavorativamente per ristabilire una parità di condizioni.
Poi è vero e inutile nascondersi che ci sono anche dei temi di aspettative nei confronti delle ragazze, di cultura, per cui anche queste sono statistiche molto interessanti che dicono che ragazze anche che hanno investito in corsi di studi molto belli, interessanti, ma nel momento poi di entrare nel mondo del lavoro si creano una serie di vincoli, di limiti, non so se familiari, quindi delle famiglie di origine o nella loro testa, per cui privilegiano aziende non molto lontane da casa loro, privilegiano aziende con contesti meno competitivi e quindi magari meno poi adatte però per poter fare un certo tipo di carriera, quindi è un tema ampio che va dall’educazione fino però poi a definire un quadro normativo o anche di funzionamento delle aziende che sia effettivamente adatto a sostenere la parità.
[Speaker 4]
Dalle operaie che contribuirono in larga parte a fare dell’Italia la quinta potenza industriale del mondo durante e dopo il boom economico alle studentesse di medicina che dopo le autopsie si ritrovavano per uno scherzetto dei loro compagni maschi dei testicoli nel loro camice fino a dove siamo partiti. Anche lavorare oggi è una sfida per le donne tutti i giorni in tutta Italia e la battaglia sembra appena iniziata.
[Speaker 6]
Ti sento?
[Speaker 11]
Dov’è il tuo reggisino, dove l’hai messo? Mi fai questo Eva, fai tatatatà e me lo lanci, buttalo via, buttalo.
[Speaker 8]
Ok, tatatatà. Buttalo.
[Speaker 9]
Cosa è successo? Storie e voci per capire quello che accade.
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