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Luoghi della memoria

Luoghi della memoria del 01 Luglio 2024 09:30

regia 01/07/2024


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Speaker 0: Storia e memoria del novecento, un ciclo di podcast per raccontare I luoghi della memoria in Toscana.

Speaker 1: Erano dieci del mattino, I rumori, gli spari erano, stavano allontanandosi verso Valle, tornate a casa abbiamo visto lo sgomento per noi, la casa bruciata, soprattutto noi si viveva con poco in quel momento lì. L’unica ricchezza era latte, la mucca. Ecco, questa mucca che era morta per noi in quel momento fu la disgrazia più grossa e la mamma diceva cosa andiamo da mangiare a bambini domani e fino alle tre del pomeriggio non abbiamo capito niente. Alle tre del pomeriggio era finito tutto, sono ritornati qualcuno, uno di quei giovani con mio padre era andata via, Gino si chiamava e era passato lì dalla chiesa, dalle case intorno, urlava, si capiva neanche quello che diceva, la strage, la strage ha ramazzato tutti.

Speaker 2: La voce che avete appena sentito è quella di Ennio Mancini, sopravvissuto all’ecidio di Sant’Anna di Stazemo, una strage che portò all’uccisione in poche ore di 544 persone tra donne vecchie e bambini. Tra l’aprile e l’agosto del 1944 si consumarono in Toscana alcuni dei più atroci crimini commessi ai danni delle popolazioni civili. Violenze, rappresaglie e cidi sconvolsero città e paesi, giungendo fino ai luoghi più remoti della regione. Piccoli I borghi arrampicati sui monti dove oltre agli abitanti trovavano a volte riparo anche altre famiglie alla ricerca di un posto sicuro. Luoghi segnati per sempre che portano ferite profonde.

In questo ciclo di podcast ci addentriamo in un percorso che si snoda tra le voci di chi questi luoghi li abita e li ha abitati. Un percorso che unisce alla narrazione di momenti tragici anche le storie di tutti coloro che hanno combattuto per la libertà. Per la libertà. Oggi molti di questi luoghi sono diventati portatori di memoria e di pace. Nel 2022 In Toscana è nata la rete dei sistemi museali Storia e Memoria del Novecento, cui fanno parte il Museo Storico della Resistenza di Sant’Anna di Stazema, in provincia di Lucca, il Museo Storico Audiovisivo della Resistenza di Fos di Novo, in provincia di Massa, le Stanze della Memoria di Siena, il Museo della Deportazione di Prato e l’Archivio di Aristico Nazionale di Pieve Santo Stefano in provincia di Arezzo.

Michele Morabito è il direttore del Parco Nazionale

Speaker 3: della Pace di Sant’Anna di Stazema. Sant’Anna di Stazema il 12 avosto mille novecento quarantaquattro fu teatro di uno dei più importanti, dei più maggiori crimini di guerra della seconda guerra mondiale in Italia e non solo in Italia. Le truppe nazifasciste uccisero nell’arco di una mattinata oltre 500 tra donne, vecchi e bambini. La memoria di Santana è stata una memoria faticosa perché negli anni del dopoguerra non ci fu un processo per le responsabilità di questa strage come è accaduto per tantissimi fatti analoghi in Italia e questo ha oscurato per anni la memoria di Santana di Stazema, per tanti anni non ha avuto la notorietà che ha oggi e è stata per anni una memoria relegata, una memoria privata, personale, delle famiglie, dei superstiti. Poi negli ultimi anni con l’istituzione del parco nazionale della pace di Sant’Anna, con la regge nazionale del dicembre del 2000 ciò ha portato ad una crescita dell’importanza del luogo che oggi viene riconosciuto non solo a livello nazionale ma anche all’europeo, tanto che nell’aprile di quest’anno è stato riconosciuto a Santana di Stazema il marchio del patrimonio europeo che viene assegnato a quei luoghi che hanno costruito l’identità europea.

Sì Santana è un luogo dell’identità europea perché Sant’Anna è un simbolo delle tante stragi di civili della Seconda Guerra Mondiale, di una memoria che ha attraversato non solo l’Italia ma l’intero mondo, in quanto la seconda guerra mondiale è il primo conflitto in cui le vittime civili hanno superato le vittime militari. Il Parco Nazionale della Pace di Sant’Anna ha come missione non solo quella di mantenere la memoria, che è non il fine ma la partenza per la sua vera missione che è quella di costruire politiche di pace contro tutte le guerre. Il Parco della pace di Sant’Anna di Staziaama come nucleo fondante il Museo Storico della Resistenza. Il Museo Storico della Resistenza nasce nel 1991 in quella che era un tempo la scuola elementare del paese che dopo la seconda guerra mondiale, dopo la strage, è stata abbandonata con lo spopolamento del paese stesso, tenendo conto che a quel tempo non arrivava nemmeno la strada carrozzabile al paese di Sant’Anna. Nei primi anni di apertura erano pochissime le scuole che venivano a Sant’Anna di Stazema, oggi contiamo oltre 300 scolariesche provenienti da tutta Italia con una partecipazione, una visita sempre più allargata a tutte le regioni italiane e non solo, anche a tanti visitatori stranieri.

Sant’Anna di Stazia è diventata in questo modo un luogo di riferimento per la costruzione di politiche di pace e vogliamo in questo modo ribadire l’idea che ci possano essere posti in cui si parla di questi argomenti di resistenza, di pace, di memoria, perché questi posti dove questi fatti tragici sono accaduti hanno poi una loro forza, una grande capacità di trasmettere a chi li visita delle sensazioni, motivi di riflessioni e di approfondimento.

Speaker 2: Quello di Fos di Novo, più che un museo, è un vero e proprio racconto. Una serie di video proiezioni riporta le storie personali di sopravvissuti e di partigiani, lasciando immergere il visitatore in un viaggio nella storia. Carola Baruzzo è la presidente del Museo Audiovisivo della

Speaker 4: Resistenza delle Province di Massa Carrara e della Spezia. Fosinowo è un piccolo comune nella provincia di Massa Carrara in una terra di confine tra la Liguria e la Toscana. Il museo si trova in località Prade e l’edificio è collocato in una posizione panoramica sul davanti, il porticato alla vista rivolta al mare dove si può scorgere l’ultimo tratto della costa tirrenica fino al golfo dei poeti della Spezia e sul retro invece guarda le Alpi Apuani ed è immerso in un castagnetto secolare. Questa struttura è una proprietà del comune di Sarzana che fu edificata nel millenovecentoc quarantotto con il lavoro volontario dei partigiani della brigata Garibaldi Ugo Muccini e dei cittadini e lì

Speaker 5: nacque una colonia montana estiva che fino all’estate

Speaker 4: del 1971 ha ospitato migliaia

Speaker 5: di bambine

Speaker 4: e di bambini. A partire dal 1994 per iniziativa dell’AMPI di Sarzana e in particolar modo del suo presidente Paulino Ranieri che è stato anche il primo sindaco di Sardana in accordo con l’amministrazione comunale si decide di destinare questa colonia ormai di Smessa ad ospitare il museo audiovisivo della resistenza appunto delle province della spezia di massa Carrara, entrambe decorate medaglia d’oro al valore militare. Da zona di teatro, di battaglia tra partigiani nazifascisti è diventato un presidio di memoria e di pace. Il museo è stato inaugurato il 3 giugno del 2000, è costituito da una moderna installazione audiovisiva e da supporti multimediali progettati da Studio Azzurro di Milano con il coordinamento scientifico di Giovanni Contini e di Paolo Pezzini. All’interno del museo ci sono diciamo dei percorsi organici di indagine storica e di approfondimento didattico sui temi della resistenza e della vita in Italia durante il regime e la guerra.

Il museo è dedicato alla memoria dei comandanti partigiani Alessandro Brucellari a Memo e Flavio Vertone Walter e è dedicato a tutti coloro che hanno combattuto per la libertà. Attraverso le fotografie, I filmati e soprattutto il racconto degli uomini e delle donne che hanno combattuto ma che hanno vissuto quel tempo ricostruisce in maniera emozionante, toccante e allo stesso tempo ben documentata le vicende storiche che dal millenovecento quaranta tre fino alla liberazione hanno coinvolto tutto il territorio e le popolazioni delle due province. All’interno del museo c’è proprio la possibilità di interagire fisicamente con le diverse installazioni all’interno di una sala che vede posizionato al centro un grande tavolo, il tavolo della memoria, sopra al quale sono presenti sei grandi schermi divisi per temi. I contadini, I partigiani, la guerra ai civili, I deportati, le donne e il calendario. Il visitatore può attivare I racconti dei

Speaker 5: testimoni, quindi attraverso questo

Speaker 4: susseguirsi di video, di volti, di luoghi e documenti, la visita oltre ad essere appunto interattiva e particolarmente coinvolgente, rappresenta un vero e proprio momento di riflessione sul nostro passato e sui valori fondanti dell’antifascismo e della resistenza. A fianco al museo c’è una struttura del circolo culturale enograstronomico, una trattoria popolare, diciamo, che offre anche la possibilità di pranzare o di cenare attraverso piatti con particolare attenzione alla filiera corta e durante tutto l’anno nei fine settimana vergon organizzati tutta una serie di attività di carattere culturale, storico e artistico. Dal 2005, tra fine luglio e I primi giorni di agosto, il museo ospita il Festival della Resistenza fino al cuore della Divolta, un evento con risonanza nazionale, proprio anche per l’importanza degli ospiti che vi partecipano, dove appunto ci sono concerti, proiezioni, dibattiti, teatro e ha una grandissima partecipazione soprattutto fortunatamente è frequentato da moltissimi giovani. Un museo vivo attivo un un patrimonio credo di questo territorio, di questo di questa linea di confine che ha ha visto proprio muoversi non soltanto formazioni partigiane importanti, che ha visto purtroppo numerosi rastrellamenti e stragi, che ha in qualche modo a ridosso della linea gottica rappresentato una pagina importante della storia della resistenza, non soltanto di queste due province, ma nella storia della resistenza italiana.

Speaker 5: E non è un’altra cosa che è successo.

Speaker 2: Figline di Prato è un altro luogo simbolo della resistenza italiana come ci racconta Enrico Iozzelli del Museo della Deportazione della Resistenza che nasce in questo luogo.

Speaker 0: Figline di Prato è per la città e per la Toscana ma l’Italia in generale è un luogo di memoria perché lì il 6 settembre 1944 sono stati impiccati 29 partigiani quindi è un luogo che ci racconta da vicino quelli che sono I crimini del nazismo e del fascismo. Il museo della memoria è un museo che parla dei crimini del nazismo e del fascismo e in particolare approfondisce la deportazione nei campi di concentramento nazisti. Nasce nel 2002 per la testardaggine e l’insistenza di alcuni ex deportati sopravvissuti in particolare a Mauthausen e da Ebense. Dalla fine della guerra queste persone hanno iniziato a tornare nei campi di concentramento e nel corso del tempo hanno visto alcuni di questi campi, Ebense in particolare completamente distrutto. Oggi dove c’era il campo di concentramento c’è un paese, c’è un villaggio.

La scelta era anche quella di dimenticare quello che accadeva in quel luogo. Oggi a Ebenze e a Mauthausen si fanno tante manifestazioni, tante attività per la memoria della deportazione, non era così nell’immediatezza della fine della guerra. Quindi I deportati quando hanno visto il campo distrutto hanno iniziato a prendere degli oggetti. Il ragionamento era molto lineare, qui si vuole dimenticare e noi invece vogliamo ricordare, prendiamo degli oggetti perché gli oggetti raccontano una storia. Poi hanno insistito più e più volte con l’amministrazione comunale di Prato che nel 2002 ha scelto di aprire questo museo, scegliendo appunto figline come luogo simbolico della deportazione ma anche soprattutto della resistenza a Prato.

Gli stessi deportati avevano portato in realtà avanti un discorso di memoria sul lungo periodo perché Prato è la prima città in Europa ad avere un gemellaggio con un paese luogo del campo di concentramento. Questi ex deportati hanno cercato nel corso degli anni di creare un rapporto, di creare un ponte in modo figurato ovviamente con la città di Ebensee cercando un contatto con le persone che abitavano in quel luogo. L’idea era quella di ricordare insieme la realtà di quei fatti per imparare qual era stato il percorso che aveva portato all’avisso dei lager ed evitare di ripercorrere nuovamente quella strada, creare un luogo di memoria permanente per parlare anche a chi non aveva vissuto quella tragedia, non soltanto per un doveroso riconoscimento delle vittime ma anche per trarne degli spunti di riflessione sull’attualità. Il nostro pubblico di oggi è un pubblico a maggioranza scolastico, noi lavoriamo molto con le scuole dell’area pratese, fiorentina e pistoiese soprattutto ma in realtà da tutta la Toscana vengono tante scuole anche da fuori regione, vengono alcune scuole da altre nazioni, abbiamo alcuni progetti anche non annuali ma insomma a cadenza che avvengono con molta frequenza con scuole tedesche Il nostro obiettivo è quello di raccontare questa vicenda, declinandola in qualche modo al presente, per raccontare agli studenti come sia possibile evitare quelle scelte di morte.

E cerchiamo di portare avanti due binari paralleli, una di conoscenza più emotiva, perché ovviamente stiamo parlando della vita e della morte di milioni di persone, ma anche un binario di conoscenza storica, una conoscenza che approfondisca realmente I fatti in modo che sia questa conoscenza emotiva ancorata ad un contesto che permetta a tutti di approfondire e di fare I propri valori, che sono poi I valori dell’antifascismo, la pace, la democrazia e il dialogo, che sono in opposizione ai valori, ai disvalori del nazismo e del fascismo.

Speaker 2: Le stanze della memoria di Siena sono collocate nella casermetta, quella che fu la sede dei fascisti della Repubblica sociale, da cui partivano I reparti della Guardia Nazionale Repubblicana per I rastrellamenti e le conseguenti fucilazioni dei partigiani, Laura Mattei è la direttrice del museo.

Speaker 6: Siamo collocati geograficamente tra piazza Matteotti e piazza Gramsci e quel palazzo però ha una storia molto particolare che ancora oggi viene ricordata e tramandata nella memoria dei senesi vale a dire quel palazzo fu sede della polizia politica fascista a partire dalla metà degli anni 30 fino al 1944 quando poi la nostra città e la nostra provincia furono liberate E quindi quel palazzo poi acquistò altre destinazioni, però nella memoria dei Senesi rimane come la casermetta, con questo nome la casermetta. Lì soprattutto a partire dal 1943 venivano condotti gli antifascisti, antifascisti uomini e donne, venivano interrogati, venivano talvolta picchiati e anche torturati, quello è stato anche un luogo di detenzione e tortura alla Villa Triste dei Senesi. Oggi le stanze della memoria sono allestite in questo palazzo I due piani dove ci sono 14 sale, ogni sala è dedicata ad un tema particolare di questo periodo del 900. L’allestimento è composto da grandi foto alle pareti, delle citazioni che introducono nel clima del periodo, degli anni trattati dalla singola sala e poi ci sono dei manifesti anche che raccontano l’esterno, perché l’ambizione delle stanze a memoria è quello di raccontare l’interno, sì quello che è stato quel palazzo, ma anche l’esterno, quindi quello che è accaduto nel territorio provinciale.

Questo allestimento è sostenuto da tutta una serie di approfondimenti di cui si può fruire online, degli approfondimenti anche in base a quelle che sono talvolta anche le specificità o le particolarità, un pubblico non udente o non vedente può accedere a fonti diverse, sono audio e video oltre alle didascalie che aiutano a interpretare meglio, a conoscere meglio quelle che sono le foto esposte.

Speaker 2: Natalia Cangi, la direttrice organizzativa Fondazione Archivio Dieristico Nazionale di Pieve, Santo Stefano.

Speaker 7: Ci colloquiamo in un piccolo borgo, circa tre mila abitanti e questa istituzione nasce quaranta anni fa, esattamente quaranta anni fa nel 1984 a farla nascere un giornalista e uno scrittore e un partigiano Saverio Tutino che occasionalmente si trova in Valtiberina dove appunto siamo noi e già da qualche tempo dopo essere rientrato dai suoi molteplici viaggi dopo aver raccontato il novecento come come solo lui lo ha saputo fare soprattutto pensando a determinati luoghi del mondo in cui saveretutino ha vissuto si trova lì. Occasionalmente si trova da Andiari che è un luogo vicino a Piave Santo Stefano. Da lì sta maturando già da un po’ di tempo l’idea di far confluire in un unico luogo le memorie, I diari, le lettere, le autobiografie delle persone comuni. Saverio Tutino è stato uno scrittore di diari per tutta la vita, gli ha scritti per per motivi professionali ma li

Speaker 5: ha scritti anche proprio

Speaker 7: per un confronto costante con se stesso. Quando Tutino arriva a Piave e Santo Stefano trova un paese la cui memoria è stata irrimediabilmente offesa. Nell’estate di quaranta anni prima, nell’estate del 44, Piave e Santo Stefano viene completamente distrutta dal passaggio delle truppe tedesche in ritirata. È una distruzione al novantasè per cento che colpisce tutti gli edifici ma colpisce anche pesantemente nel numero di vittime che vengono registrate. Non c’è subito un abbinamento paese cancellato come paese che potrà diventare il paese della memoria.

Non avviene subito in sabere tuttino questo passaggio. Arriverà qualche anno dopo e considererà questa sua creatura, l’archivio dei diari, appunto come un risarcimento a quell’offesa. Oggi l’archivio conserva oltre 10.000 autori unici, il che vuol dire qualche milione di pagine scritte, in un periodo molto molto vasto nel tempo, la prima testimonianza è datata a 1541 ma certamente il fondo archivistico si colloca saldamente nel 1900 che è il secolo che ha visto le due guerre mondiali e le migrazioni e ha dato una spinta fortissima alla scrittura di sé, alla scrittura cosiddetta popolare. Ecco quindi che si possono trovare all’interno del fondo archivistico oltre 3.700 tradiari, memorie, lettere che parlano di un periodo ben preciso, quello che va dal 1939 al 1945. Ma tornando a quella pagina che riguarda la seconda guerra mondiale, una guerra raccontata da tutti, dalle donne, dai bambini, dagli anziani, dai militari, si può dire che è veramente un presidio di memoria straordinario.

Tutino immaginava il suo archivio non solo come luogo di deposito e di conservazione ma di valorizzazione e abbiamo sempre pensato che quel vivaio della memoria che lui aveva creato, così lo ha chiamato all’inizio, avesse bisogno di nuova linfa. E questa è arrivata nel 2011 quando abbiamo iniziato a digitalizzare tutto l’archivio, nel 2013 quando abbiamo costruito il piccolo museo del diario nei cui cassetti si trovano pagine, pagine di storia legata al secondo conflitto mondiale e alla resistenza. E e poi abbiamo fatto dei percorsi tematici. Ricordo solo la piattaforma idiaridipieve.it che è l’ultimo sito che abbiamo realizzato e che abbiamo pubblicato il 30 novembre 2023 che dedica proprio ai percorsi della memoria approfondimenti legati appunto a delle storie

Speaker 5: conservate presso l’archivio

Speaker 0: un progetto della Sistema Museale, Musee storie e memoria del novecento curato da”

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